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Agrigento 23 novembre 2018 - Fridtjof Nansen: un Giusto per gli armeni

a cura di
Pietro Kuciukian
, Console Onorario di Armenia in Italia

La spinta a creare un mondo diverso deriva dalle doti di integrità morale, dalla passione per la libertà, dall’audacia nel trasformare la quotidianità in un’occasione di esplorazione e di conoscenza, nella consapevolezza che la vita di relazione, la “vita comune”, richiede un’assunzione di responsabilità nel rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo.
Fridtjof Nansen riuniva in sé queste qualità. Nel corso della sua esistenza obiettivi e compiti si ampliarono. L’incontenibile spirito di avventura e la passione per la conoscenza lo spinsero alla realizzazione di sé nei viaggi di esplorazione e di studio, dai quali ricavò grande fama, ma che costituirono una sorta di preparazione all’impegno della sua maturità: la costruzione di un mondo di pace, di una “catena di fraternità attorno alla terra”, l’impegno a estirpare un po’di male dal mondo attraverso la solidarietà con le vittime di tutte le catastrofi, guerre, carestie, persecuzioni.
In questo nostro tempo, dominato dalla paura dell’altro, in cui si elevano muri e fili spinati, è importante far conoscere la figura e l’opera di questo grande scienziato e benefattore dell’umanità, valorizzando in particolare il suo ruolo di Alto Commissario della Lega delle Nazioni, aspetto meno noto della sua attività tra il 1920 e il 1930, che lo ha visto impegnato in un’opera razionale, intelligente ed efficace di soccorso ai profughi e ai rifugiati dopo la Prima guerra mondiale.
Fridtjof Nansen è per gli armeni un Giusto e un grande umanista.
Nel 1996 il Khatolikos Karekin I incontrando a Oslo il re Herald I di Norvegia, così si era espresso: “Se per voi norvegesi Nansen fu un grande sportivo, un grande esploratore, un oceanografo, un biologo, un politico, uno storico, uno scrittore, un Premio Nobel, per tutti gli armeni egli fu l’avvocato che perorò la causa della Nazione Armena. Fu una luce di speranza per la sopravvivenza… Fu l’amico più fedele degli armeni. Egli ci diede un’anima, il passaporto per il mondo”.
Nel 1917, all’indomani del genocidio degli armeni perpetrato dal governo dei Giovani Turchi, Nansen scriveva: “Non posso immaginare che qualcuno che conosca la tragedia armena non ne possa essere coinvolto. Migliaia di cristiani stanno morendo di fame e di malattie …e nessuno se ne occupa”. Da quel momento si dedicò all’opera di soccorso nella consapevolezza che le potenze europee avevano tradito la nazione armena. Fu lasciato solo e spesso si sentì sconfitto. Nel suo libro “Addio Yerevan” così si esprime: “…Tante miserie, lotte, sofferenze e sempre risultati inadeguati. Si dice che il dolore elevi l’uomo alla nobiltà. Ma esiste un popolo che abbia sofferto come gli armeni?…E per che cosa? Per essere traditi da quelle persone che avevano fatto loro promesse in nome della giustizia?” E più avanti si pone un interrogativo che può essere letto come la sintesi della sua capacità di indignarsi e di esprimere la sua delusione verso un’umanità incapace di essere solidale e di superare gli egoismi, di leggere la sofferenza dell’altro, di ribellarsi al male: “Migliaia e migliaia di fuggiaschi senza patria, di individui dolenti e morenti chiedono aiuto in molti paesi. La gente sente e non si muove . Perché? “ …. “I sentimenti degli uomini sono dunque attutiti? Non sanno essi di tanta miseria e di tanto dolore? ”
Nansen si consumò in quest’opera di soccorso, coinvolgendo privati e governi e non concedendosi mai sollievo. E fu un’opera intelligente, ispirata ad una filosofia precisa: dopo i primi soccorsi per la sopravvivenza, è necessario “aiutare ciascuno ad aiutarsi da sé, procurare agli uomini i mezzi per lavorare, la sola via per ridare loro la dignità. I viveri si possono trovare facilmente. Vi è una cosa più difficile da trovare: l’amore del prossimo, abbastanza forte da innalzarsi al di sopra degli umani contrasti !”.
La sua vita fu un sfida. Gli anni trascorsi tra le nevi della Groenlandia e i ghiacci del Polo Nord a esplorare mondi sconosciuti e a compiere imprese temerarie gli hanno dato la forza di realizzare l’impossibile. E’ stata questa sua grande fede che ha smosso uomini e stati e che ancora oggi, pur nella coscienza delle sconfitte subite, rimane viva con la sua forza esemplare per le nuove generazioni.
In un discorso fatto ai giovani universitari aveva affermato: “ è vero che vi è del marcio nel mondo, ma è anche vero che vi è ancora modo di risanarlo. La pietra di paragone della nostra vera cultura dovrebbe essere il senso di solidarietà”.
Fridtjof Nansen è morto il 13 maggio del 1930 sul balcone della sua casa a Oslo, oggi Fondazione per la Pace, circondato dalla sua famiglia. Guardava il mare, in un giorno di primavera. Ho raccolto la terra tombale di Nansen nel giardino dove è sepolto, l’ho portata a Yerevan dove è stata tumulata nel Muro della Memoria di Dzidzernagapert, il Memoriale del genocidio armeno, il 23 aprile del 2003.

 
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